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News da Marina Viola: Luca a Boston ha trovato il suo centro

Oggi per la prima volta da un anno a questa parte, Luca starà al centro fino alle 14:30. È un centro nuovo per lui, che lo ha iniziato a frequentare solo la settimana scorsa, metà giornata.

Ho scoperto, in questo lunghissimo anno, che è impossibile spiegare il disagio e la stanchezza che si provano a stare con una persona a basso funzionamento per trecentosessantacinque giorni senza un minuto di respiro. Lo so, il lockdown è difficile per tutti. Lo so, ci si sente isolati, soli, innervositi. Ma tutto questo non è nulla confronto a quello che io e la mia famiglia abbiamo dovuto affrontare durante questo anno.

Luca è una persona molto tranquilla: non urla, non fa scene, non spacca le pareti con i pugni. Ma è sempre addosso a me. Sempre: quando mangio, quando mi alzo la mattina, quando mi lavo i denti, quando esco dalla doccia. Sempre. Siccome il suo linguaggio è limitato, Luca ripete per ore e ore la stessa parola, per esempio l’altro giorno era PASTA. Ha detto in continuazione la parola pasta da mezzogiorno fino alle nove di sera. Sempre, sempre addosso. E questi sono i giorni buoni.

Il centro che frequentava prima della pandemia non è stato in grado di aiutarci, malgrado le mie telefonate in cui supplicavo anche due ore la settimana di aria. D’altronde, anche quelli che sono in galera hanno un’ora d’aria al giorno, no? E invece niente: non hanno offerto nessun aiuto, non hanno fatto nessuno sforzo per venirci incontro. Ma una cosa l’hanno fatta bene: a febbraio hanno vaccinato tutte le persone iscritte al centro, sia gli utenti che gli operatori. Luca ha quindi ricevuto il vaccino relativamente presto rispetto a molte altre persone. Qui nel Massachusetts, dove viviamo, le persone disabili sono incluse nel primo gruppo perché sono considerate a rischio e dunque hanno priorità, così come l’abbiamo avuto io e Sofia, perché siamo le caregiver di Luca e veniamo dunque pagate per auitarlo.

Dopo le due dosi di vaccino, ho chiamato il centro per chiedere quando Luca avrebbe potuto cominciare a frequentarlo. “Ma signora, non adesso certamente! Anche con il vaccino non si è sicuri…”. Dopo aver versato una lacrimuccia di rabbia, ho mandato a cagare la direttrice, la vice e tutto lo staff e mi sono impegnata a cercare un altro centro che potesse accoglierlo.

Il più buono si chiama Nupath, a detta dei genitori e dei assistenti sociali che ho consultato. Ho chiamato immaginando che mi dicessero che sono chiusi, o pieni, o che ne so. Invece ho avuto una risposta veloce e positiva. Non so se lo avrebbero preso se non fosse stato vaccinato, per cui al vecchio centro concedo un piccolo pensiero positivo, ma non di più.

Ho letto le denunce lanciate da Gianluca Nicoletti, ho letto anche molti dei commenti su Facebook di genitori italiani con figli disabili che chissà quando riceveranno il vaccino. Non ci potevo credere: dopo tutti gli anni passati a combattere per i diritti per le persone disabili, siamo ancora qui a discriminare, a lasciare indietro, a sottovalutare non soltanto la loro salute, ma quella dei genitori, già oberati fino alle orecchie da mesi e mesi di isolamento. Non solo: sono sempre i genitori a dover combattere, ma dove sono le istituzioni che dovrebbero proteggerci, che dovrebbero rappresentarci?

Questa è l’ennesima conferma che l’Italia, Paese che amo, non si può ancora considerare una nazione civile.

Marina Viola

marinaliena

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http://pensierieparola.blogspot.com
Marina Viola porta il quaranta di scarpe. Vive a Boston e ci fa il diario di quella che pensiamo essere l’ altra parte della luna. Che significa per noi autistici vivere negli Stati Uniti? Potete farle anche domande….

Redazione

La redazione di "Per Noi Autistici" è costituita da contributori volontari che a vario titolo hanno competenza e personale esperienza delle tematiche che qui desiderano approfondire.

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