
Mi interessa di conoscere a caldo il parere dei lettori, mi interessa prima possibile perché questo libro voglio portarlo a chi può fare qualcosa concretamente per far uscire l’ autismo dal territorio vergognoso dell’ ignoranza. Non voglio più vedere facce perplesse di amministratori quando chiedo cosa sappiano degli autistici in Italia. Non voglio più tollerare che nessuno sappia dirmi quanti siano gli autistici nel nostro territorio, chi si occupi di loro, dove mai vadano a finire quando diventano adulti. Non voglio più sentire dire che in Italia non ci sia un test obbligatorio per tutti i bambini entro il diciottesimo mese di vita per la diagnosi precoce dell’ autismo, è un formulario che porterebbe via venti minuti di tempo, ma nessuno se ne occupa perché i pediatri chiedono trenta euro per farlo e nessuno sa da dove prendere questi soldi. Non voglio più sopportare l’ idea che dall’ adolescenza in poi l’ autistico diventi un numero che si contendono ospizi, cooperative, manicomi camuffati, pii istituti…solo perché corrisponde a una retta mensile. Non è vero che non ci sono i soldi per gli autistici è che se ne mangiano tanti per strada e nessuno si preoccupa se il servizio è adeguato alle esigenze di esseri umani che a tutto titolo hanno diritto a una presenza visibile nella società.

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Riporto qui il pezzo che ieri ha pubblicato La Stampa perché è anche il manifesto di quello che andrò a dire in giro per l’ Italia quando mi chiameranno a presentare il mio lavoro. Chi crede che sia giusto partecipi e dica la sua. A cominciare da Roma il 18 settembre.
Quanti sono gli autistici in Italia? Il dato statistico ci dice che sono seicentomila famiglie a dover gestire un problema del genere. Moltiplicate questo numero almeno per quattro, ricaviamo una massa di persone che supera gli abitanti di due grandi città italiane messi tutti assieme. Immaginate Torino e Milano popolate unicamente da individui che hanno la vita condizionata da esseri socialmente invisibili, per di più trattati con ignoranza, superficialità, incompetenza e persino spietatezza quando cinicamente qualcuno gioca sulla loro disperazione. E’ proprio su questo giornale che l’ottimo collega Niccolò Zancan ha ultimamente raccontato dell’onerosissima transumanza di genitori alla volta di Kiev, per far praticare ai propri ragazzi autistici inutili e pericolose iniezioni di qualche oscura sbobba, spacciata per cellule staminali. Non mi pare di aver visto una levata generale di scudi della nostra comunità scientifica per mettere all’indice gli «specialisti in autismo» che tale pellegrinaggio ucraino hanno incoraggiato. Mi sono sentito dare dello spietato e cinico quando, sempre su questo giornale, ho cercato di spiegare che chi come me abbia un figlio autistico, così detto «a basso funzionamento», è meglio che usi il suo tempo e le sue risorse per abilitarlo a essere autonomo il più possibile, piuttosto che vivere nell’illusione di un «facilitatore» che lo aiuti a scrivere tenendogli una mano sul braccio fino a portarlo a una laurea a pieni voti.
Purtroppo la parte preponderante di questa immensa popolazione, di cui faccio nel bene e nel male anche io parte, è troppo spesso affidata all’approssimazione di strutture non adeguate, di persone che non hanno studiato seriamente, di santoni e venditori di fumo. Esiste la confraternita delle diete disintossicanti dai metalli pesanti, quella delle camere iperbariche, quella che considera gli autistici inviati da chissà quale civiltà aliena, quella delle terapie diadiche che coinvolgono madre e figlio. E’ persino data libertà di pratica a quelli che ancora sono convinti che l’autismo abbia a che fare con l’inadeguatezza materna. Riporto testuale il passo di una lezione sull’autismo tenuta nel 2013 all’Università La Sapienza di Roma: «Le madri sanno a livello inconscio di essere parte della disabilità dei propri figli (…) il buco lasciato per carenza dell’effetto metaforico provocherà un buco corrispondente al posto della significazione fallica». Si trattava di un corso obbligatorio post laurea nell’ambito della pedagogia speciale (Tirocinio Formativo Attivo) finalizzato ad accedere all’insegnamento. Insegnanti che nelle scuole occupano attivamente dei nostri ragazzi autistici potrebbero essere stati formati su questo bagaglio di saggezza.
Quello che mi sconvolge è che tutto il circo Barnum del fanta-autismo comunque ha qualche pubblica amministrazione che finanzia i suoi operatori, che indica come plausibili le sue terapie, che accresce e fortifica il credito dei ciarlatani che ne hanno fatto il loro business. Certo che poi a quelli come me salta la mosca al naso quando sentono pronunciare la parola autistico con leggerezza, o peggio come una scherzosa maniera per definire chi non abbia una dimestichezza consumata all’uso proficuo della socialità. Mi sono dovuto pure scontrare con colti signori spiegando che non si deve dare dell’«autistico» come se fosse la divertente declinazione lessicale per dare a una persona del cretino. Autistico non sarà mai divertente in Italia fino a che non ci sarà una legge che stabilisca con certezza e indichi le forme di trattamento che abbiano una rilevanza scientifica riguardo alla loro efficacia. Chi vorrà andare dagli sciamani almeno non lo faccia con il denaro pubblico.
Non ci andrà di scherzare fino a quando non vedremo reso obbligatorio per tutti i bambini della materna il test per la diagnosi dell’autismo; è un formulario che impegna venti minuti di tempo e può permettere una vita molto più autonoma a chi viene precocemente sottoposto a terapia comportamentale. La scuola dovrebbe specializzare insegnanti di sostegno per lavorare efficacemente con gli autistici, non vorremmo vedere ancora, grazie a telecamere nascoste, pedagogiste aguzzine come in un liceo di Vicenza, o scene da lager come nell’ Istituto di Grottammare. Vorremmo soprattutto che qualcuno ci dicesse che accadrà ai nostri ragazzi autistici quando noi non saremo più abbastanza vivi per occuparcene di persona. Non ci basta sapere che dei figli che oggi succhiano ogni nostro tempo si occuperanno anime caritatevoli, non si tratta di raccolta differenziata per umanità imperfetta, sono persone che hanno diritto a una vita tra la gente, non devono finire rinchiusi. Al momento le risposte, anche della politica, sono rare e molto evasive. Pazienza, alla fine qualcosa ci inventeremo. (LA STAMPA del 9/9/2014)
Sono Stefania, sorella di Antonio, un ragazzo autistico di 53 anni. Ieri, mio marito, ha regalato a mia madre il tuo libro e se l’è divorato in un giorno solo. Questi i suoi commenti:
Mi ritrovo in tutto quello che dice, le sue ansie, angosce e preoccupazioni sono le mie, e, mai come in questo periodo della mia vita,(visto che mia madre ha 83 anni e che è rimasta vedova quando ne aveva appena 35 ) vivo l’incertezza del futuro di Antonio.
Il libro è scritto molto bene, continua lei, senza fronzoli ed elementi sdolcinati, ha un taglio giornalistico e ti prende dalle prime pagine.
Vorrei tanto incontrare l’autore, non tanto per fare terapia di gruppo, ma per far sentire la nostra voce con più forza e vedere se possiamo tutti insieme inventarci qualcosa.
Grazie
Stefania
Non so cosa scrivere. “Buongiorno. Ho appena letto i due capitoli”? “Quanto è commovente quello che scrive”? “Comprerò il suo libro”?
Iniziamo col dire che non ho figli e sulla soglia dei quaranta probabilmente non ne avrò. Seguo Melog quando non sono al lavoro, ancor prima Golem, e ho comprato il suo primo libro su Tommy, riccioluto ciclone che ha sconvolto le vostre vite di felice famigliola. Non so spiegarle bene cosa si prova a leggere la storia delle vostre vite. Si sorride, si ride, si rimane spiazzati e si piange. Un po’ tutto insieme. Prendendo a prestito le parole di una canzone, si sente che è tutto un equilibrio sopra la follia e forse non basterà una manciata di genitori coraggiosi a rivoltare questa frittata di disorganizzazione più o meno burocratica, menefreghismo, barriere sociali e culturali. Non ho un gran contributo da dare, ma il suo libro sarà presto a casa mia e ogni volta che posso condivido i suoi post.
Non sia mai che a qualcuno si accenda una lucina di comprensione.
A presto,
Ilaria
Ho iniziato il libro ieri sera e ho letto i primi 3 capitoli..sono un genitore giovane, papà di Samuel, poco più di 3 anni. Oltre ad apprezzare lo stile, condivido quanto espresso. Il nostro percorso è iniziato da poco ma iniziando a leggere, tanto il frontespizio, quanto i primi capitoli, la sensazione è quella di una proiezione nel nostro futuro (e anche oltre). Anche leggendo il primo libro provavo una sensazione simile ma più legato al rapporto padre figlio. Mi ha fatto sorridere il passaggio sui tratti autistici della famiglia e hai confermato la mia preoccupazione per l’auto-referenzialità tipicamente italiana nell’affrontare il problema da parte della miriade di soggetti che per quanto armati di buona volontà ed ottimi propositi, non riescono a costruire nulla (provengo dal Nord-Est e questo lo viviamo anche nel tessuto economico).Non esistono manuali di istruzione, non esistono ricette, ma libri come questo e soprattutto tentativi come Insettopia City sono una piccola mappa che ci aiuta e ci sostiene. Personalmente ho scritto qualche settimana fa ad Insettopia e spero di ricevere presto risposta. Per il resto, in bocca al lupo per tutto e un saluto a Tommy.
Daniele
Ho letto rapidamente i primi due capitoli e la mia prima osservazione è che il tuo lavoro è utile per tutte le persone che, come me, non hanno mai avuto a che fare con l’autismo. Credo che siamo una minoranza, perché i numeri di cui parli sono veramente molto alti e stupisce l’ignoranza suprema su questo fenomeno. Il fatto che tu parli di questo argomento insieme in modo leggero e profondo fa sì che si possa contestualizzare il recente episodio dell’ex giornalista radical chic che apostrofa il suo rivale di cordata come “autistico” o l’insigne economista che per distinguersi dai colleghi si autodefinisce “non autistico”.
Importantissime anche le denunce dei ciarlatani e guaritori nei tuoi articoli.
I primi due capitoli si leggono molto bene e traspare l’angoscia della tematica affrontata nel libro.
Grazie per questa anteprima,
Daniele
Ho letto. Sono triste, sconvolta. Ovviamente condivido tutto, che altro posso o devo fare se non che prendermela con gli ipocriti che pensano che degli essere umani siano raccolta da differenziare? Ti ho scritto anche in privato. Ti abbraccio. Maka
La prima impressione a caldissimo dopo questi due capitoli è che sei partito assai negativo.
Ora vado a comprare il libro e ti farò sapere del resto…
Oltre che tristi anche un po’ arrabbiati..ma il fatto è che non c’è neanche tanto tempo per essere tristi e incazzati.. Comunque ora basta, non mi va di finire a riempire un blog lamentandomi e affidandomi a un’ entità superiore, convincendomi e giustificandomi che sto facendo qualcosa per mio figlio e per quelli come lui…quindi..noi ci siamo..voi siete già partiti e vi seguiamo volentieri. A disposizione. Daniele
L’ho letto e come sempre condivido ogni parola, ogni sensazione ma poi mi chiedo a cosa serve leggerlo solo noi che queste cose le tocchiamo con mano ogni giorno, ci sentiamo forse meno soli… dovremmo,invece, costringere gli altri, chi non ha un figlio autistico a leggere, e per primi chi di politica sociale ed educativa tanto parla e poco fa!!! Tu Gianluca continua così urla forte per tutti noi, noi che ti siamo li accanto.
Ho un figlio autistico di 9 anni…la mia angoscia più grande, quella che non mi fa dormire, quella che mi prende nei momenti di raccoglimento o quando, raramente, non ho nulla da fare, è come sarà Dario da adolescente con me, da adulto senza di me.
Non mi sono mai fatta illusioni, sono stata e sto con i piedi per terra. Non ricorrerò a sciamani, a cure miracolose, nemmeno a psicologi di supporto alla mia situazione fisica e psichica. So che il “magone” che mi chiude la gola o che mi fa spalancare gli occhi di atterrimento quando penso al futuro del mio bimbo non passerà mai. Noi madri e padri di figlie/figli autistiche/ci ci inventiamo qualcosa ogni giorno. Qualche volta ce la raccontiamo, altre volte ci prendiamo, spesso ci scoraggiamo. Certo è che evito di pensare al futuro, per ancorarmi meglio al presente: mio e di Dario.
Per amarlo, confortarlo, sostenerlo come a caricargli le pile per quando non ci sarò.
Solo che è un’ingiustizia, sociale, prima che umana.
E accolgo quindi la sfida, anzi la lotta, che mi/ci propone Nicoletti.
Insieme, noi madri e padri, oggi possiamo cominciare a fare qualcosa che cambierà il futuro. Che se non scioglie il “magone” almeno ci rende ancora più resistenti, oggi.
Grazie Gianluca.
Sono la mamma di un ragazzino affetto da disturdo pervasivo dello sviluppo definito comuque ad alto funzionamento.Mi ritrovo pienamente nell’articolo che ho letto.Dalla difficoltà a fare una diagnosi,dallo spicologolo che parlava di relazione distrorta del piccolo con i genitori(un consulente del tribunale!),dalle varie terapie a pagamento cercate ogni dove,dagli insegnanti ignoranti infastiditi dalle domande incalzanti di mio figlio durante le lezioni,alle associazioni che dovrebbero aiutarlo nelle autonomie che parlano bene ma vendono anche molto fumo.La preoccupazione per il suo futuro quando non ci sarò piu’.Le difficoltà sul lavoro per i permessi necessari per le visite e le innumerevoli riunioni con dottori assistenti sociali ,professori.Una vita complicata per usare un eufemismo.Ci sono certi giorni che andare avanti sembra impossibile.
http://www.autismservice.org/pdfs/resources/Diagnosi_precoce_di_Autismo.pdf Il Piano sanitario Regionale della Toscana 2008-2010 definisce in uno specifico paragrafo un’azione complessiva per la riqualificazione e il potenziamento dei servizi. In particolare si evidenzia l’impegno a lavorare sulla diagnosi precoce del disturbo e su una presa in carico della persona attraverso la definizione di un progetto terapeutico riabilitativo individualizzato che tenga conto dei bisogni specifici degli utenti e delle famiglie nel corso di tutta la vita. Con questo obbiettivo la Giunta regionale ha approvato la deliberazione n. 699 del 3 agosto 2009
“Screening per la valutazione dello sviluppo della comunicazione e della relazione” nella quale viene formalizzato l’accordo con i pediatri di famiglia per la utilizzazione per tutti i bambini toscani, al bilancio di salute del 18° mese, di strumenti diagnostici utili a identificare precocemente i casi sospetti di DSA.
Appare di particolare delicatezza ed importanza il raccordo del pediatra con lo specialista che è chiamato alla conferma diagnostica; nei casi in cui il pediatra ritenga che il bambino presenti un quadro comportamentale riferibile ad un DSA, sarà necessario che le Aziende sanitarie mettano a disposizione un gruppo interdisciplinare, professionalmente autorevole, che compia una prima valutazione diagnostica con specifici strumenti diagnostici e attui, nei casi risultati positivi, una presa in carico.
Un saluto Simona
Sono una sua lettrice/ascoltatrice da sempre. Ho un figlio autistico di 15 anni. Ieri sul Corriere è apparso un trafiletto di Mario Pappagallo circa l’intervento precocissimo su soggetti potenzialmente autistici, esperimento che negli USA sta dando ottimi riscontri. Vedo molto difficile l’applicazione di tale protocollo in Italia vista l’ignoranza al riguardo ahimè anche da parte degli specialisti sanitari. Mi piacerebbe un suo parere a riguardo.
Marta Saviotti Carena
*** Chi vorrà andare dagli sciamani almeno non lo faccia con il denaro pubblico. ***
Esattamente. Nel documento linee guida n. 21 di novembre 2011, compare 23 volte la parola “comportamentale” e 0 (zero) volte la parola psicanalisi.
Eppure, a dispetto di questo, sentiamo ancora parlare di “significazione fallica”, il che sarebbe incredibilmente comico, se non fosse tragico.
Oltre a ricordare allo Stato che non ha alcun diritto di buttare i NOSTRI soldi in linee guida (nessuno lavora gratis) per poi disattenderle, forse sarebbe ora di cominciare a scrivere nome e cognome di questi idioti frustrati che, probabilmente incapaci di “praticare” sesso, continuano a circondarlo di surreali e reconditi significati.
Comprato e divorato.
Bello! Intriso di pragmatismo, come dovrebbe essere il mondo per funzionare. Essere simpatici a tutti non è una priorità, la priorità è “ottenere”.
Ho identificato la frase clou di tutto il libro: “Se, famelica di voti com’è [la politica], non si è ancora accorta che in Italia esistono gli autistici, e che sono centinaia di migliaia, significa che finora abbiamo saputo comunicare all’esterno il nostro dramma veramente da schifo”.
Esattamente. Ma sono anche ottimista su quello che stai facendo, prima o poi diventerai una voce troppo “scomoda” e qualcuno butterà un osso, vedrai. I Comuni regalano spazi persino alle scuole di baby-sitter per struzzi, o giù di lì… Peccato solo che le elezioni sembrano lontane.
Ai sostenitori della lettura facilitata consiglio di leggere il libro “Pulce non c’è”. Anche se una mamma a un convegno autismo mi ha detto: “Tu però così ci togli la speranza…”.
Già. A volte ci si sente mostri anche soltanto a togliere le illusioni.
Il mio commento l’ho scritto qui: https://www.facebook.com/notes/victor-note-a-margine-sullautismo/g-nicoletti-alla-fine-qualcosa-ci-inventeremo/812000432199401