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Il due aprile parlerò d’ autismo dai microfoni del mio programma a Radio24. Darò voce a delle mamme, presenterò solo storie di madre di ragazzi speciali. Nessuna di loro ha preso medaglie, nessuna si è conquistata le pagine dei giornali, nessuna è stata ospitata da talk show televisivi. Diranno semplici cose della loro giornata, dei loro pazzerelloni irrequieti, di quello che sentono dalla gente che le circonda, quello che immaginano sarà quando passerà ancora tempo. L’autismo più diffuso è fatto di questo: giornate affannate, nottate d’ angoscia, un problema fisso a cui ci si abitua, come al fatto che a una certa età ci si metta gli occhiali o passi la voglia di saltare le staccionate. Farò loro tre semplici domande, a tutte le stesse tre domande che sintetizzano l’ inizio e la fine di ogni scorribanda per le strade della nostra vita, passata come perenni sentinelle dei nostri stralunati e inconsapevoli carcerieri.
TRE DOMANDE CHE FARO’ ALLA RADIO
1) Quando e come hai avuto la certezza del problema di tuo figlio ?
2) Quante persone ti stanno vicino nell’accudimento di tuo figlio?
3) Hai pensato al futuro di tuo figlio quando tu non ci sarai più?
Sono le tre domande su cui costruiremo Insettopia, le risposte portano a pensare all’ urgenza di una cultura sull’ autismo in Italia, a una diagnosi precoce che sia obbligatoria per legge ( Vedi la battaglia delle sorelle Colombo). A un ripensamento totale delle risorse dedicate agli autistici e le loro famiglie, ottimizzando e indirizzando le risorse pubbliche, immaginando modelli di aggregazioni familiari che possano funzionare come piccole aziende. Ancora di più far passare una previdente tutela giuridica del futuro dei nostri figli “dopo di noi”, dobbiamo pensarci ora, fino a che abbiamo forze e non siamo del tutto rincoglioniti. Poi non ci penserà nessuno per noi.
Sono grato a Radio24, da anni è sempre vigile e attenta al mondo dell’ autismo e mi ha sempre appoggiato in tutte le mie battaglie. Grazie colleghi!
ALCUNE MIE TRASMISSIONI ALLA RADIO SUL TEMA DELLA DISABILITA’
- La laurea al ragazzo autistico “Melog” Radio24 5/3/14
- Autismo la legge che non c’è (Melog radio24 17 febbraio 2014)
- Tre omicidi in pochi giorninelle famiglie con disabili:
- Pesano i tagli alle indennità: in che stato sociale siamo?
- Assistenza e disabilità:cosa va cambiato?
- Assistenza e disabilità:cosa va cambiato? (parte seconda)
- Autistico seviziato a Vicenza
- 2 aprile Meno Rain Man e più informazione sull’ autismo (radio24 2 aprile 2013)
- Il caso Pistorius (18/febbraio/2013)
- Sesso e disabilità
Aggiornamento ore 18.00
poco dopo aver pubblicato il post una mamma mi ha mandato questa foto a commento…Solo chi ha figli speciali può capire. E’ la risposta al solito atteggiamento commiserevol-pietistico che tutti noi odiamo. Non siamo santi, non siamo eroi, non siamo prescelti…Vorremmo qualche volta farci una bevuta, un balletto e una cantatina…Nonostante tutto!!!
…..
,, quando farai una trasmissione con i padri.. dimmelo..
Caro Gianluca oggi vorrei che tu affrontassi, come già fai da tempo, un argomento difficile da sdoganare, perché fuori moda, fuori da quei circuiti maschili e maschilisti che governano, non solo l’Italia ma il mondo intero.
… ecco io vorrei che tu parlassi del punto di vista femminile nell’ambito della cura e del trattamento delle persone con disabilità.
Noi mamme dell’autismo non ne possiamo più di padri tronfi che portano a fare il giro del mondo il loro giovin pargoletto commuovendo il mondo intero …. Dov’erano questi padri quando il bambino urlava piangeva dormiva due ore per notte spaccava tutto quello che avevamo l’ardire di mettere sotto le sue dolci manine e ci faceva fare la parte delle povere donnicciole senza nerbo difronte alle altre mamme, alle maestre e anche al nostro stesso marito e ai suoceri che magari dopo una giornata infernale osavano anche dirti, ma forse sei tu che non funzioni con me è bravissimo …. Questi padri non c’erano … erano occupati a scappare da quella doccia fredda arrivata fra capo e collo e che nessuno avrebbe mai voluto … e noi? Eravamo occupate a tenere insieme in quella fuga figli, padri, la famiglia allargata e la vita di coppia scoppiata.
E, a posteriori, guardandomi indietro e guardando alle storie delle famiglie che sento a frotte ogni settimana, mi chiedo soprattutto: sono davvero felici quei figli portati in giro come pacchi postali per soddisfare la voglia di esplorazione e di fuga di cotanti padri? Chi ci sta a casa a costruire un mondo a misura loro a misura di queste persone speciali per potercele lasciare serene occupate in attività adatte alla loro natura delicata e speciale?
Chi fa il lavoro sporco? Chi si mette a formare gli educatori, a modificare gli ambienti, a sensibilizzare tutti coloro che ruotano attorno a questi ragazzi che loro hanno dei bisogni speciali?
Laddove vi siano padri con un’unica identità statica che li caratterizza e che gli dona quella dignità che a noi madri sfigate è negata ci sono altrettante madri con un identità multitasking naturalmente considerata di serie z perchè riguarda aspetti della vita che il maschio nemmeno contempla quali l’accudimento, la vicinanza e l’educazione.
Accanto a padri di figli con disabilità che chiamerò “ Ulisse” esploratori e avventurieri o padri “Cicerone” esemplari e fini parlatori vi sono madri che in un unico esemplare femminile racchiudono una sintesi perfetta di una serie di fantastici personaggi: madri “Cenerentola” donne delle pulizie e silenziose ingoiatrici di amari bocconi, madri “Florence Nightingale” infermiere dedite alla cura delle mille comorbilità di cui sono affetti i nostri figli, madri “Wonderwoman” lottatrici e pianificatrici al punto di riuscire ad avere superpoteri tali da volare sopra gli ostacoli, madri “Marie Curie” alla ricerca di soluzione medica per l’autismo dei propri figli , madri “Arianna” impegnate a inseguire il filo dei diritti dei loro figli nel dedalo di assistenti sociali, insegnanti e psicologi e neuropsichiatri e commissioni mediche, madri “Erin Brockovich” che denunciano i misfatti contro l’esistenza dei loro figli con disabilità, madri “Coraggio” in lotta contro tutto e contro tutti quegli ostacoli umani e sociali che si frappongono fra un esistenza di serie z e un’assistenza piena per il loro figliolo, ma che ne pagano l’amara conseguenza: isolamento e stimmatizzazione.
Beh non so scrivere bene come te Gianluca e pochi lo sanno fare: con la tua capacità di denunciare senza essere pedante, di entrare nel merito senza essere didascalico, di mostrare coi sottotitoli a chi non comprende la realtà vera …allora potresti sempre di più chiarire che viviamo in una società maschile, che pensa al maschile e realizza al maschile: spazi tempi e opinioni che sono distanti anni luce da una società accogliente e risolutiva per chi ha un qualsiasi problema legato alla logistica che sia connesso con l’età, l’handicap, la condizione fisica o mentale o anche di situazione di disagio temporaneo (gravidanza, incidente domestico o malattia passeggera).
Quello che brucia di più a noi donne e mamme dell’autismo caro Gianluca che il nostro coraggio che nasce dall’amore e dall’indignazione è che le donne che sono inserite in posti di potere all’interno di servizi sanitari o di welfare acquisiscono spesso una fisionomia maschile nel progettare e proporre i servizi per mostrare le stesse prerogative di duromachismo che hanno gli uomini per nulla mosse da quella stessa compassione, indignazione e amore che muove noi mamme di persone con disabilità.
Cosa ti voglio chiedere allora con questa mia lettera? Ti voglio chiedere di non stancarti di scrivere di noi donne dell’autismo, di trovare sempre le parole giuste, i modi giusti, i tempi giusti affinchè le nostre epopee, la nostra odissea, il nostro viaggio non si maceri nell’oblio, non sia materia di trasmissioni pietistiche, di riviste per donnicciole, di rotocalchi da ultima pagina, trafiletto di ultima scelta, corredo di riempimento di articoli ben più importanti che descrivono imprese, attività maschili, prestanti alte e altisonanti che alla fine esaltano e portano in trionfo il vuoto esistenziale infiocchettato e lucidato di nuovo.
Noi vogliamo che l’agire spassionato, gratuito, fattivo, concreto, edificante di queste donne sia materia fresca, viva che possa contagiare il mondo a pensarla diversamente, a creare un nuovo modo di accogliere chi non corrisponde a quel modello ideale di persona che non esiste e mai esisterà: il maschio attivo, perfetto, di età giovanile, cacciatore, studioso e imprenditore, sano e vaccinato ad ogni fatica . Questo modello non esiste ed è ora che ce ne rendiamo conto per produrre un esistenza nuova a dimensione delle persone che ci stanno intorno e hanno bisogno degli altri in diversi momenti della loro vita.
Desideriamo un educazione prosociale e altruistica che scaturisca però da una sorgente nuova che non sia quella del benefattore o del magnate generoso, ma che si produca alla fonte di una consapevolezza nuova giovane e allegra dove la malattia, la difficoltà o la vecchiaia siano certezze di uno stato di debolezza affrontabile e non incidenti di percorso in cui speriamo insipientemente di non incappare mai.
Ti prego scrivi un altro libro, uno su una mamma dell’autismo, ma una mamma come quella che ti ho descritto, perché la mia, la nostra paura di donne coraggiose è quella che il virus del machismo esistenziale contagi anche il mondo femminile lasciandoci senza scampo….
Con affetto vero
Buonasera! Io, per dato statistico, le rispondo ora: 1) ufficialmente, a circa 3 anni anche se non con una diagnosi certa; nel mio cuore, dopo poche settimane dalla sua nascita; 2) nessuno; 3) da qualche anno e’ diventato un pensiero fisso e sotterrano, anche quando penso ad altro, apparentemente….
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Ecco le mie risposte:
1) Quando, a 20 mesi, ebbe un piccolo incidente domestico, e qualcuno disse “quel bambino piange troppo poco”. Fu una fulminazione: e da “è un amore, non lo si sente mai” siamo passati a “oddio, ma perchè non reagisce mai?”
2) Ho imparato a chiedere aiuto, fin da subito, anche forzando la mia natura: perchè so che sarà una maratona, e gli anni più difficili devono ancora arrivare.
Poichè seguire mio figlio è una attività “usurante” (i tutor più longevi sono durati al massimo due anni), ho imparato a “turnare” spesso le persone, e mio figlio si è adattato a questo mosaico di luoghi, attività e volti diversi che compongono la sua giornata. Il mio ruolo è di coordinare e distribuire i compiti tra tutti i soggetti (istituzioni, associazioni, parenti, amici, anche i passanti lungo la via se necessario), cercando di restare nell’alveo di un progetto educativo e di garantire le condizioni di sicurezza e praticabilità per tutte le persone coinvolte.
3) La cura di mio figlio è, di fatto, il mio secondo lavoro, e sto cercando di organizzarlo di conseguenza: contatti con le istituzioni, studio di contratti e normative, formazione delle persone, segreteria e pianificazione di ogni giornata, budget dei costi, mansionari, ecc.
L’obiettivo di ogni mia scelta è che nessuno risulti indispensabile, tutti devono essere fungibili, me compresa. In questo modo spero di arrivare a “lasciare il testimone” a chiunque verrà dopo di me, con un modello sufficientemente organizzato, pensato e tarato sulle esigenze di mio figlio e di chi gli starà a fianco, e un “libretto delle istruzioni” più dettagliato possibile.
Mi piacerebbe partecipare e dare la mia testimonianza ma non so a che ore lei farà il programma. Poterebbe dirlo? Grazie Rosaria Galiero
Buonasera, è un sollievo poter condividere un cammino in salita ma che allarga i confini. Solo l’anno scorso, il giorno in cui mio figlio ha compiuto 15 anni, è stata fatta la diagnosi di Sindrome di Asperger, in un ospedale lontano 700 km dal luogo in cui risiedo, luogo in cui devo continuare a lottare a denti stretti contro un sistema sanitario inefficiente e vergognosamente inadeguato riguardo ai problemi relativi all’età evolutiva.
Nessuno attualmente mi sta vicino nell’accudimento di mio figlio, meno che mai sono stata aiutata in passato, quando troppo facilmente mi è stato puntato il dito contro, definendomi una madre incapace di educare il figlio. Il padre continua a non accettare la diagnosi e intralcia il difficile cammino di mio figlio rendendolo ancora più tortuoso con la sua pretesa di volerlo diverso da come è. E tanti adulti, quando mio figlio è stato deriso, umiliato, preso a calci e pugni a pochi metri dal cancello della scuola, gli ripetevano che la colpa di tutto ciò era solo sua, perché col suo carattere schivo e decisamente strano si poneva come lo scemo del villaggio.
Il solo pensiero del futuro di mio figlio quando non ci sarò più mi toglie il fiato. È un dolore cupo col quale però, giorno dopo giorno, imparo a convivere, perché accanto al dolore cresce la speranza che l’umanità impari sempre più ad accogliere le differenze, piuttosto che a emarginarle.
Buona sera. Lunedì primo aprile ho letto il commento della sig.ra Maria Grazia, mia omonima che fra l’altro, il destino ha voluto avesse un figlio della stessa età del mio Antonio. Da poco ha compiuto sedici anni. Sono giorni che il mio pensiero va e Lei: una mamma non poteva non dare un messaggio di speranza, forza e di tenacia a un’altra mamma il cui figlio poteva essere il suo. Mi rivolgo a Lei, Signora Maria Grazia <Il mio percorso è stato naturalmente simile al suo: sofferenza, solitudine (sono i primi i familiari che si allontanano) e fatica; non solo perché dovevo imparare ad entrare nel mondo di Antonio (anche se da subito ho avuto una grande predisposizione), ma perché dovevo insegnarlo anche a mio marito (il cui ruolo sarebbe stato fondamentale dall'età adolescenziale). Sono riuscita così a fargli ritrovare quel suo bimbo che si era perduto per molto tempo nel groviglio che è l'autismo, tenendo unita la famiglia. Ma il nostro percorso è stato anche segnato da grandi soddisfazioni perché coadiuvati da personale specializzato della ASL o convenzionato, da sport-terapia e dalla scuola con programmi personalizzati a cui noi abbiamo (per legge) dato il nostro contributo. Ma soprattutto, fornendo loro il nostro supporto che è fondamentale nella conoscenza di Antonio "perché solo noi, conosciamo a fondo i nostri figli", favorendo la sua integrazione e la sua "apertura". Mi chiedo: come è possibile che Lei non abbia avuto una struttura asl che le abbia fornito tutti gli strumenti che le ho citato? E poi, per capire come venirle in contro: ha vicino a lei un'associazione che rappresenti le persone con autismo? Le consiglio di avvicinarsi per avere dei suggerimenti su come pretendere i diritti che l'ONU ha sancito e a cui l'Italia ha aderito nel 2009. La prego, non si scoraggi. Sono molte le cose che le vorrei suggerire ma forse, per farsi un'idea, oltre che andare su internet per conoscere la nostra storia (digiti "storia di Antonio ragazzo senza terapia" conoscerà la battaglia mediatica di un anno, perché avevano privato Antonio della terapia, finendo in udienza, ma uscendone vincitori!) mi posso permettere di consigliarle una lettura: "Antonio allo specchio" pubblicato da Carlo Delfino Editore. Io sono l'autrice. Vivo in Sardegna, in provincia di Sassari. Nel libro, parlo degli anni più difficili della nostra famiglia, alla scoperta di Antonio nel suo mondo autistico. Un abbraccio al suo ragazzo