Ero partito da casa una settimana fa con un bambino, sono tornato ieri sera con un uomo. Non è che lo scriva sull’onda emotiva di chi ha seguito di persona la Grande Cavalcata dei ragazzi autuistici. Lo scrivo proprio perché Tommy è diventato grande, non è certo guarito dall’autismo, ma è fuori per sempre da quell’area di fragilità presunta che impedisce a un genitore di ammettere che suo figlio sia cresciuto.
Ho avuto questa certezza quando l’ ho visto dormire, sudato e puzzolente, sopra un mucchio di fieno, usando la sella come cuscino. Aveva cavalcato più di sei ore, lo aveva fatto assieme ai suoi amici, autistici come lui. Era stato seguito e accompagnato da persone tutto sommato estranee alle sue abituali frequentazioni familiari. Soprattutto io non c’ero quella mattina a dargli una manata ogni tanto, a porgergli la bottiglietta d’ acqua, a mandargli un saluto e chiedergli come stesse. Tommy ce la faceva anche da solo, erano quasi le 16, ancora doveva mangiare, faceva un caldo infernale, accanto a noi c’erano maiali, galline, mucche e altri animali che sguazzavano nel loro strame. Tommy era indifferente a tutto come se quello fosse stato da sempre il suo habitat, si riposava perché era giusto che lo facesse, ma non si lamentava, non chiedeva nulla, aspettava che dopo aver rifocillato i cavalli, qualcuno facesse girare i panini anche tra i cavalieri.
Dove sono finite le penne rigate? L’ unica pasta che sembravo possibile cucinargli? Dove è finito il sughetto filtrato e senza pellicine che gli preparavano come unico condimento che sembrava tollerasse? Dove è finita l’ abitudine di stravaccarsi sul divano all’ ora dei Simpson? Dove è finito il suo cuscino? Il suo letto ultra dimensionato? L’ aria condizionata nella cameretta? L’ ipad sempre pronto sennò guai…Chissà cosa potrebbe succedere…
Soprattutto dove sono le crisi oppositive, se qualcuno (che non fossi io) lo avesse contraddetto, dove è finito quel saltare a perdifiato, il mangiarsi le mani, il graffiare, mordere e menare? Non dico che sia guarito, non immagino che tutto questo non tornerà presto a far parte del mio quotidiano. Da lunedì inizia la penosa domanda: “Cosa facciamo fare oggi a Tommy? Chi può occuparsene? Lo porti tu a fare una passeggiatina? Me lo porto io a studio? Viene due ore quello del comune e lo mandiamo a prendere il gelato?” Ordinarie domande di lancinante quotidiano di ogni famiglia d’ autistico che sa di avere in casa un essere umano “da assistere”, perché non si faccia male, non si innervosisca, perché il suo tempo sia meno atroce possibile.
Ho visto in una settimana Tommy e i suoi amici passare giornate come non avrei mai creduto possibile, ma non solo per un ragazzo “disabile”, ma anche e soprattutto per qualsiasi adolescente neurotipico. Hanno lavorato tutti assieme consapevoli di far parte di un team, hanno attraversato boschi, guadato fiumi, cavalcato lungo strade asfaltate sotto al sole, viottoli pieni di rovi, strade di campagna tra mosconi e insetti d’ ogni tipo. Hanno mangiato quando si poteva, riposato solo a fine giornata. Eppure non ho mai visto un gruppo di autistici così diligente e reattivo per un tempo così prolungato. I ragazzi ridevano, evento rarissimo per un autistico, parlicchiavano pure, erano rilassati, rompevano le palle in percentuale minima rispetto alla norma.
Non voglio tirare conclusioni, non ne ho gli strumenti necessari per farlo. Vorrei solo aprire una riflessione sul termine “inclusione” su cui tanto ci stiamo arrovellando. Premesso che i ragazzi autistici abbiamo una fondamentale difficoltà a gestire alcune complessità della vita contemporanea, dei suoi irrinunciabili obblighi di ipersocializzazione, delle sue evoluzioni sociali, urbanistiche, ambientali. Il recupero di abilità necessarie ad affrontare queste difficoltà potrebbe avvenire facendo far loro un cammino a ritroso attraverso modalità di vita quotidiana sicuramente più arcaiche, ma fondamentali per riallacciare patti sicuri e rassicuranti tra l’ essere umano e l’ ambiente in cui vive?
E’ possibile che un autistico debba essere guardato a vista nel corridoio di una scuola, senza altro risultato che renderlo infelice e spaventato, ma possa invece passare una settimana a spasso per le campagne cavalcando e faticando come uno stalliere per tutta la giornata e alla sera sia palesemente raggiante di soddisfazione? Qualcuno che abbia strumenti scientifici dovrebbe cominciare a studiare seriamente su questa strampalata riflessione.
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Spero,di cuore ,che qualcuno competente abbia voglia di valutare questa vostra esperienza e di trarne le adeguate conclusioni..ma l’ augurio più grande che vi faccio e’ che si possano realizzare percorsi di vita adeguati ai ragazzi..e ai loro coraggiosi genitori..coraggiosi come TUTTI i genitori..Voi un pochino di più. Con affetto..❤
Che bello, grazie. Mi ha fatto molto riflettere, anche da mamma di tre pesti, che ritengo sempre troppo piccole e indifese per staccarsi da me (o per staccarmi da loro).
Caro Nicoletti, si chiama approccio ecologico quello che ha fatto Tommy. Dalle mie parti è sorta da una decina d’anni la prima farm community per soggetti autistici sul modello di quelle del Nord Europa.la vita frenetica della metropoli è quanto di peggio possa esistere per l’equilibrio esistenziale di un autistico, da qui l’idea della creazione di cascine produttive collegate al territorio realizzando quel delicato esperimento tra il dentro e il fuori che è parte centrale di questo progetto.
Bellissima,commovente, intelligente esperienza NIcoletti! Auguriamoci che sia l’inizio di un approccio nuovo alla famosa inclusione. Complimenti per aver sperimentato una strada (un sentiero) ancora inesplorata.
Non so quanto possa essere esaustiva la mia risposta alla sua riflessione… purtroppo spesso i n/s figli autistici (la mia e’ una ragazza di 21 anni) sono capaci di grandi imprese dove noi genitori non ci avremmo scommesso un centensimo, ma che per un motivo apparentemente insignificante possono avere crisi pazzesche e difficolta’ nel quotidiano, castrando loro stessi e noi genitori che alla fine per rendere la n/s vita piu’ accettabile, prevediamo e le evitiamo certe situazioni prima che loro stessi possono avvertirle …. da delirio di onnipotenza! Mia figlia questa estate, grazie ad un gruppo di psicologi-psicoterapeuti che l’hanno seguita per tutto l’anno scolastico organizzando anche dei laboratori pomeridiani, e’ partita per una mini crociera destinazione Barcellona; beh al rientro ho ricevuto tanti complimenti in quanto si era comportata benissimo, lo si vedeva da come era organizzata, ordinata, etc; ma come e’ ritornata a casa le sue stereotipie piano piano sono ricomparse! Anche mia figlia a scuola e’ sorvegliata in quanto se nervosa o in difficolta’ a gestire una frustrazione, purtroppo “mena”, ma posso anche dirle che con la sua assistente domiciliare, che con lei ha un’approccio terapeutico in quanto pisicoterapeuta, gira la citta’ tranquillamente in metro e in autobus, fa’ shopping come una qualsiasi ragazza con un’amica ……. Rosa Capezza Pr Associazione Roda Onlus
Grande Nicoletti e fantastici tutti i cavalieri!!!
Grande Nicoletti!! Grazie per questo racconto della vostra fantastica esperienza!! Che bello leggerlo, che bello leggere di questa “crescita”!
Anche io nel mio piccolo, con il mio Giulio di soli 7 anni, ho già sperimentato esperienze simili: quest’estate camminate lunghissime fra i boschi dell’Austria che lo rendevano felice e gioioso, senza una crisi o altro, col solo desiderio di partecipare e stare “col gruppo”….
E tutto quello che dici è come sempre vero, verissimo… Comunque sì, senz’altro, ci sono tanti aspetti da investigare riguardo l’autismo, e quello che dici andrebbe preso in grande considerazione da chi, come tu dici, ha gli strumenti per trarre da questa vostra esperienza delle conclusioni che potrebbero risultare senz’altro utili a tutti noi.
Da mamma di un bambino autistico di quattro anni condivido le sensazioni che questo articolo trasmette e l’esperienza che racconta. Noi ci siamo inventati “la terapia del camper”. Lo abbiamo comprato questa primavera,ennesimo dissanguamento economico da quando abbiamo capito i problemi di nostro figlio e abbiamo cominciato a dedicargli ogni nostra risorsa. Noi partiamo con il nostro camper e la vita cambia per qualche giorno. Montagna,mare,strade,viaggio,camminate,biciclettate,stanchezza,divertimento. Quando siamo a bordo nostro figlio è il perfetto copilota del papà. E’ fortissimo e felice. E andiamo avanti. La vita di sempre,di prima,in città comincia a disturbarmi. La percepisco come un ulteriore problema per certi aspetti,mentre per altri è fondamentale visto che,a pagamento, qui siamo seguiti in un buon centro. Io intanto,però,comincio a cercare il posto giusto per me e la mia famiglia, a fantasticarci su. Ciao Gianluca Nicoletti. Seguo il tuo blog e ho letto il tuo libro. Sei grande!
Grazie Gianluca, naturalmente sei riuscito a dire stupendamente quello che tutti quelli della carovana hanno vissuto per una settimana.
Buongiorno! Ho appena letto le sue riflessioni su quei magici giorni a cavallo, e non posso che condividerle in pieno, e ringraziarLa per la Sua capacità di raccontare i nostri ragazzi. Mio figlio ha 22 anni e nel tempo io e lui abbiamo sperimentato tante esperienze al di fuori della quotidianetà e delle abitudini delle quali si pensa che gli autistici non possano fare a meno e ho sempre constatato che, nonostante i timori, lui ha sempre reagito benissimo. Soprattutto quando stava a contatto con la natura e quando poteva comportarsi con spontaneità e senza forzature. Penso anche io che le costrizioni di quella che noi riteniamo debba essere “una vita normale”, siano per loro in realtà fonte di ansia e tensioni che peggiorano il loro stato. E che dovremmo impegnarci (noi e la società, le istituzioni) per garantirgli un’esistenza a loro, e non nostra, misura.
Viva Insettopoli, dunque.Perchè i nostri ragazzi non devono ‘rinunciare a un eccesso di stimoli che non riescono a gestire’ (come mi era stato detto tempo fa), ma devono avere gli stimoli giusti, adatti a loro. E forse ci riserveranno molte sorprese. Grazie ancora per il Suo lavoro.
Bellissima storia. Ancora più bella in quanto vera.
Servirà da nutrimento al coraggio di chi, come lei, vive quotidianamente con enormi difficoltà accanto ad un disabile.
E a tutti noi: è la conferma che anche nei momenti peggiori -agendo, anzichè rassegnarsi e darsi per vinti- può succedere qualcosa di inaspettato che apre uno spiraglio dove prima c’era il buio.
Grazie.
Lei continua a darci lezioni di amore, coraggio e profonda dignità.
Con stima.
Sì va bene Gianluca soprattutto perchè è un’ occasione per parlare del nostro problema ma la cavalcata è una cosa eccezionale tu lo sai che la vita di tutti i giorni è un’ altra cosa e noi purtroppo dobbiamo pensare a tutti i giorni.
Stupendo!
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